
Vivere in una Minicasa: solo una moda o uno stile di vita green?
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All’estero è già un must, in Italia è un concetto che fa ancora molta fatica a prendere piede: stiamo parlando delle Mini Case o Tiny House, soluzioni residenziali molto spesso su ruote o comunque frutto del riadattamento di “contenitori” con spazi che di rado superano i 25mq, compresi soppalchi.
Mini casa vuol dire ambienti ridotti al minimo, arredi studiati al centimetro per non rinunciare troppo alle comodità ma in effetti abbandonando il modo di vivere tradizionale e anche imparando a essere felici con poco. Dove per poco si intende rinunciare a oggetti molto spesso inutili e inutilizzati, armadi colmi di abiti da non indossare mai, arredi e suppellettili che sempre più spesso finiscono nei mercatini dell’usato.
I costi di una Tiny House sono molto variabili e dipendono dal tipo di materiale e finiture e dagli accessori e arredi inclusi. Si parte da circa 20 mila euro e si può arrivare anche a 80-90 mila per i modelli Luxury. Da considerare il fatto poi di trovare un terreno dove posizionarle che sia in affitto o di proprietà e i relativi oneri per gli allacci delle utenze.
La necessità di ripensare gli spazi e il modo di abitare viene da lontano e più precisamente dal Giappone, paese ad alto tasso di densità urbana dove negli anni ’90, in particolar modo nella città di Tokyo, la grande espansione urbanistica rese sempre più difficile trovare spazi per nuove costruzioni e nacque così l’esigenza di sfruttare al meglio ogni più piccolo ritaglio di terreno: da qui il fenomeno delle Kyosho-Jutaku che in giapponese vuol dire proprio Tiny House.
Nei paesi anglosassoni la diffusione delle micro case ha avuto un successo maggiore, con la fuga dalle grandi città dai costi insostenibili sia per l’acquisto che per la locazione oltre che per la vivibilità, con il cambiare del mondo del lavoro, sempre più smart working, sempre più digitale e internet oriented.
Meno in Italia, dove a oggi esiste un solo produttore, trevigiano, che realizza progetti su misura sulla base di una serie di modelli proposti.
Per la legge italiana le mini case su ruote sono trattate come veri e propri rimorchi. Quindi necessitano di targa, bollo e assicurazione, devono essere trainate da un veicolo e serve una patente per rimorchi da 35quintali. Possono essere autosufficienti dal punto di vista energetico, grazie a pannelli solari e serbatoi idrici con tutti gli accorgimenti del caso e si differenziano dalle classiche “roulotte” per la qualità dei materiali concepiti per durare nel tempo al pari di una casa tradizionale.
Forse, perché anche nel nostro paese trovino diffusione, servirebbe un rinnovamento soprattutto di tipo culturale, per abbracciare un concetto di abitare più ecologico ( compostaggi, energia solare, risparmio idrico, materiali ecosostenibili e/o riciclati) ripensare il modo di vivere oggi troppo legato al superfluo, agli oggetti e meno all’essenziale delle cose.
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